La Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) è uno strumento diagnostico fondamentale nelle situazioni di emergenza ospedaliera. Viene utilizzata per identificare emorragie cerebrali, fratture complesse, ischemie, embolie polmonari, tumori, perforazioni intestinali e molte altre patologie gravi. Quando la TAC è indicata con carattere d’urgenza ma non viene eseguita tempestivamente, il paziente rischia un aggravamento della patologia, un trattamento inadeguato o addirittura la morte.
La mancata esecuzione di una TAC urgente rappresenta una grave omissione diagnostica. Può derivare da negligenza del medico, sottovalutazione dei sintomi, errori nella priorità di accesso alla diagnostica o malfunzionamenti organizzativi della struttura sanitaria. In tutti questi casi, la responsabilità medica e della struttura può essere riconosciuta e il paziente – o i familiari – hanno diritto al risarcimento dei danni.

L’errore diagnostico per omessa TAC è una delle principali cause di contenzioso in pronto soccorso, neurologia, chirurgia e terapia intensiva. Quando un esame così cruciale non viene eseguito per tempo, si perde spesso l’unica possibilità di intervenire efficacemente sulla patologia in atto.
In questo articolo analizzeremo le cause più comuni di omessa esecuzione di TAC urgente, le responsabilità giuridiche, le normative aggiornate al 2025, i casi reali di risarcimento ottenuto e le competenze degli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità, con particolare attenzione ai danni neurologici e alle emergenze non trattate.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
In quali casi la TAC deve essere eseguita con urgenza?
- Trauma cranico con perdita di coscienza, vomito o confusione mentale;
- Sospetto ictus, con insorgenza improvvisa di deficit motori o linguistici;
- Dolore toracico acuto con sospetta embolia polmonare o dissezione aortica;
- Addome acuto con sospetto di perforazione, ischemia intestinale o emorragia;
- Stato di incoscienza di origine non spiegata;
- Mal di testa improvviso e violento, non responsivo agli analgesici.
Quali sono le cause più frequenti della mancata esecuzione di TAC urgente?
La TAC, tomografia assiale computerizzata, è oggi uno degli strumenti più potenti e rapidi per ottenere una diagnosi precisa, salvare una vita, indirizzare un trattamento. In pochi minuti, può rivelare un’emorragia cerebrale, una dissecazione aortica, un’embolia polmonare, una frattura nascosta o un versamento addominale in un paziente instabile. È lo strumento d’elezione nei traumi, nei sospetti di ictus, nelle condizioni toraciche acute, nelle cefalee improvvise, nei dolori addominali che non si spiegano. Ma proprio per la sua efficacia, la mancata esecuzione di una TAC urgente quando ce ne sono le indicazioni si trasforma in uno degli errori più gravi, più frequenti e più pericolosi della medicina d’urgenza moderna.
Una delle cause principali è la sottovalutazione clinica della sintomatologia iniziale. Capita molto più spesso di quanto si creda che un paziente si presenti con sintomi sfumati, magari un po’ di mal di testa, un senso di pressione toracica, un lieve dolore addominale, una confusione improvvisa. Il medico, in una giornata congestionata, fa un esame obiettivo, trova parametri tutto sommato stabili, magari una pressione normale, una saturazione accettabile, e decide di attendere. Ma quelle stesse condizioni, in certi pazienti, sono segnali precoci di patologie gravi e tempo-dipendenti. E se non si accende il sospetto diagnostico, la TAC urgente viene esclusa. La gravità clinica non sempre grida. A volte sussurra. Ma va ascoltata.
Un altro errore è l’interpretazione rigida delle linee guida, come se fossero regole assolute e non strumenti di supporto clinico. Le linee guida indicano i criteri per eseguire una TAC in caso di trauma cranico, di sospetto ictus, di dolore toracico acuto, ma sempre più spesso si assiste a una lettura burocratica delle stesse: se non ci sono tutti i criteri richiesti, la TAC non viene fatta. Anche quando l’intuito clinico suggerirebbe prudenza. La medicina, però, non è un algoritmo. Ogni paziente ha la sua storia, il suo rischio, il suo contesto. E il medico ha il dovere di decidere non solo in base a check-list, ma anche a un principio di responsabilità clinica e di buon senso.
La pressione organizzativa è un’altra variabile determinante. In molti ospedali italiani, le TAC sono poche, i tecnici radiologi sono sotto organico, le priorità urgenti si accavallano, e i pazienti in lista aumentano di ora in ora. In questo contesto, si sviluppa una forma pericolosa di triage secondario: si tende a escludere dalla diagnostica per immagini tutti quei casi che non sembrano manifestare urgenze evidenti. La decisione non è sempre esplicitata: si rimanda, si attende l’esito di altri esami, si invia il paziente in reparto con la promessa di valutazione successiva. Ma quel tempo perso, in patologie acute, è esattamente ciò che separa il trattamento efficace dal danno irreversibile. Una TAC non eseguita in tempo può diventare un atto mancato di medicina.
In molti contesti, la mancata esecuzione della TAC urgente è anche un problema di comunicazione tra clinico e radiologo. Il medico di Pronto Soccorso chiede l’indagine, ma il radiologo di guardia, se non riceve informazioni chiare e puntuali, può rifiutarla o declassarla a non urgente. Se non c’è un sospetto clinico motivato, una documentazione solida, una telefonata diretta, la richiesta viene letta come “precauzionale”, e in contesti sovraffollati questo può significare giorni di attesa. Si dimentica però che la TAC urgente non è un favore che il radiologo concede: è uno strumento che il sistema deve garantire quando la clinica lo richiede.
Altre volte, la TAC viene richiesta correttamente ma non eseguita per errori logistici. Il paziente non viene accompagnato in radiologia per mancanza di barelliere. Oppure non c’è disponibilità di un medico per la somministrazione del mezzo di contrasto. O ancora, l’ascensore è fuori uso, o la TAC è momentaneamente ferma per manutenzione. In apparenza piccoli ostacoli, ma che, nei fatti, impediscono l’esecuzione dell’esame. E nei turni notturni, nei festivi, o nei piccoli ospedali, l’assenza di personale esperto per la gestione delle emergenze radiologiche può ritardare l’indagine oltre ogni limite accettabile. Il risultato è che un esame salvavita diventa inaccessibile proprio quando serviva di più.
In certi casi, è il paziente stesso a diventare un ostacolo involontario. Persone agitate, confuse, con decadimento cognitivo, o in stato di ebbrezza possono non collaborare all’esame. E se non viene attivata rapidamente una sedazione controllata, o se non si valuta il supporto di un anestesista, la TAC viene rinviata. A volte si rinuncia. Ma quando c’è un trauma cranico, o un sospetto ematoma, o una frattura instabile, la mancata collaborazione non è una scusa sufficiente: è una situazione da gestire, non da ignorare.
Il problema si amplifica nei pazienti pediatrici o molto anziani. In questi casi, si tende spesso ad evitare la TAC per timore dell’esposizione alle radiazioni, anche quando ci sarebbero indicazioni chiare. Ma il rischio legato a una diagnosi mancata è infinitamente più alto di quello legato a una singola esposizione. Un bambino con vomito post-trauma, un anziano con confusione improvvisa, non possono essere dimessi o osservati a lungo senza una valutazione neuro-radiologica. Tuttavia, si tende a minimizzare, a “osservare ancora un po’”, a temporeggiare. E in quel tempo, la lesione evolve. La prudenza radiologica, se non accompagnata da sorveglianza attiva e da alternative diagnostiche, può diventare complicità dell’errore.
C’è poi una forma di errore molto più subdola: la convinzione che una TAC non cambierà l’atteggiamento terapeutico. Frasi come “tanto non lo operiamo comunque”, “anche se c’è l’emorragia non cambia nulla”, “è terminale”, vengono pronunciate, sottovoce, nei corridoi, nelle sale visita. Ma ogni paziente ha diritto a una diagnosi. Anche quando la prognosi è infausta, anche quando non esistono opzioni curative radicali, sapere cosa sta accadendo è un atto dovuto.
Quando si configura la responsabilità medica per mancata esecuzione di TAC urgente?
La tomografia assiale computerizzata (TAC) è oggi uno degli strumenti diagnostici più rapidi, affidabili e insostituibili nella gestione delle emergenze cliniche. Viene utilizzata per identificare patologie tempo-dipendenti, in cui la diagnosi precoce può fare la differenza tra vita e morte, tra un recupero completo e un’invalidità permanente. Quando una TAC indicata con urgenza non viene eseguita o viene ritardata senza una motivazione clinica o organizzativa valida, si apre la possibilità di una responsabilità medica pienamente configurabile.
Le situazioni in cui la TAC è indicata come esame urgente sono numerose e codificate dalle linee guida. Tra queste vi sono: trauma cranico con alterazione dello stato di coscienza, sospetta emorragia cerebrale, ictus ischemico o emorragico nelle fasi precoci, dolore addominale acuto di origine non chiara, sospetta dissezione aortica, embolia polmonare, addome acuto chirurgico, emorragie interne, complicanze infettive come l’ascesso cerebrale o l’appendicite perforata. In tutti questi scenari, la TAC non è un esame opzionale, ma rappresenta il passaggio obbligato per orientare la diagnosi e impostare la terapia.
La mancata esecuzione di una TAC urgente può dipendere da diversi fattori, ma quando la decisione clinica si rivela inadeguata o negligente, la responsabilità si manifesta in modo netto. Uno degli errori più gravi è rappresentato dalla sottovalutazione dei sintomi da parte del medico: pazienti con cefalea intensa e improvvisa, stato confusionale, deficit neurologici acuti, dolore toracico o addominale atipico possono essere erroneamente trattati come soggetti non urgenti, con rinvio o esclusione della diagnostica per immagini, anche in assenza di controindicazioni.
In altri casi, l’errore è organizzativo. Il malfunzionamento del macchinario, l’assenza di personale radiologico in orario notturno, il sovraffollamento del pronto soccorso o la carenza di barellieri per il trasporto del paziente non possono giustificare la mancata esecuzione di un esame salvavita. Se non viene attivato un percorso alternativo (trasferimento del paziente, TAC mobile, accordo con altra struttura), la responsabilità si estende anche alla direzione sanitaria.
Particolarmente insidioso è il caso in cui il medico, pur sospettando una patologia grave, decide di attendere un’evoluzione del quadro clinico prima di richiedere l’esame. Questo approccio attendista può risultare fatale, ad esempio in caso di ictus cerebrale ischemico in cui la finestra temporale per la trombolisi è limitata a poche ore. Anche un’emorragia subaracnoidea, una perforazione intestinale o una trombosi mesenterica richiedono una diagnosi immediata. Ogni minuto perso può significare un danno tissutale irreversibile.
La responsabilità medica si configura anche quando il ritardo nella TAC è causato da un’anamnesi incompleta. Se non vengono segnalati correttamente i fattori di rischio, i sintomi d’allarme, l’assunzione di farmaci anticoagulanti o una storia di patologie vascolari, il paziente può essere erroneamente classificato come a basso rischio. In questo caso, l’errore si colloca a monte: non nella macchina che non ha funzionato, ma nella valutazione clinica che non ha attivato il percorso diagnostico corretto.
Anche la comunicazione tra medici può giocare un ruolo nel ritardo. Se il pronto soccorso richiede una TAC urgente e il radiologo o il medico di guardia ritarda l’esecuzione per mancanza di priorità, o se la richiesta non viene trasmessa con chiarezza, il paziente può essere lasciato in attesa oltre i limiti di sicurezza. È compito del clinico motivare la richiesta in modo dettagliato, ma è anche dovere del servizio radiologico rispondere alle urgenze secondo criteri clinici e non solo organizzativi.
Il consenso informato non può costituire un ostacolo all’esecuzione della TAC in emergenza. In contesti critici, come lo stato di incoscienza o l’alterazione dello stato mentale, il medico può agire in base al principio del “maggior beneficio possibile”, senza attendere un consenso formale, purché l’intervento diagnostico sia proporzionato e necessario. Ritardare una TAC salvavita per assenza di familiari o per mancanza di moduli firmati, in situazioni in cui il tempo è decisivo, rappresenta un errore gestionale.
La documentazione clinica assume un ruolo centrale. Devono essere riportati il momento in cui è stato identificato il sospetto diagnostico, l’orario della richiesta della TAC, le motivazioni dell’urgenza o del rinvio, l’effettiva esecuzione dell’esame, i risultati, la presa visione da parte del medico curante e l’eventuale decisione terapeutica successiva. Ogni omissione o contraddizione nella sequenza temporale è un elemento che gioca contro il personale sanitario in sede di giudizio.
La giurisprudenza italiana ha riconosciuto la responsabilità per mancata esecuzione di TAC urgente in numerosi casi. Dalla morte di pazienti con emorragia cerebrale non diagnosticata, a quadri addominali acuti evoluti in shock settico per ritardo nell’identificazione, a dissecazioni aortiche misconosciute in soggetti giovani con dolore toracico atipico, i tribunali hanno ribadito che l’omessa attivazione degli strumenti diagnostici disponibili costituisce una colpa grave.
L’errore, in questi casi, non è sempre nell’interpretazione dell’immagine, ma nella mancata produzione dell’immagine stessa. E non c’è nulla di più difficile da giustificare, per un medico, di un esame potenzialmente risolutivo che non è stato mai fatto.
La struttura sanitaria ha il dovere di garantire la disponibilità del servizio di diagnostica per immagini h24, con personale formato, turni di pronta disponibilità o convenzioni con altre sedi. Se questo non accade, e un paziente muore o subisce danni per un ritardo non giustificabile, la responsabilità si configura anche sul piano amministrativo.
La formazione continua è l’unica vera prevenzione. Ogni medico di pronto soccorso, di medicina generale o di reparto, deve conoscere le indicazioni per l’esecuzione urgente della TAC, i criteri di priorità, e le patologie tempo-dipendenti. Deve saper riconoscere i segni precoci, non fidarsi di presentazioni cliniche atipiche, e agire con prontezza anche nei casi incerti. La prudenza clinica impone di escludere le condizioni gravi prima di considerare le ipotesi più benigne.
In conclusione, la responsabilità medica per mancata esecuzione di TAC urgente si configura ogniqualvolta il paziente presenta segni o sintomi che richiedono indagini immediate, ma tali indagini non vengono attivate, vengono ritardate o ostacolate da valutazioni inadeguate, da disorganizzazione o da sottovalutazione del quadro clinico. È una responsabilità che non si può attribuire al caso, ma al sistema — quando manca l’occhio per vedere e il tempo per agire.
Ogni TAC non eseguita è una diagnosi rimasta al buio. Ogni paziente dimesso senza un’immagine è un rischio lasciato a casa. Ogni sintomo sottovalutato è una storia che poteva essere cambiata. Perché in medicina, ciò che non si vede non è detto che non ci sia. Ma ciò che non si cerca, difficilmente si troverà in tempo.
Quali norme regolano la responsabilità per omessa TAC?
- Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) sulla sicurezza delle cure e responsabilità sanitaria;
- Art. 2043 c.c., danno da fatto illecito;
- Art. 2236 c.c., responsabilità tecnica del professionista;
- Art. 589 e 590 c.p., lesioni o omicidio colposo da errore diagnostico;
- Linee guida ministeriali, neurologiche e radiologiche aggiornate al 2025.
Quali risarcimenti sono stati riconosciuti?
- Uomo con ictus non diagnosticato per mancata TAC entro la finestra terapeutica: risarcimento di 2.000.000 euro;
- Donna con trauma cranico e emorragia non rilevata per mancata TAC al PS: risarcimento agli eredi di 1.900.000 euro;
- Paziente con dolore toracico dimesso senza TAC, morto per embolia polmonare: risarcimento di 1.750.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere giustizia?
In caso di omessa esecuzione di TAC urgente con danni gravi o decesso, è indispensabile rivolgersi a avvocati con competenze specifiche in responsabilità medica per errori diagnostici. La strategia di tutela comprende:
- Analisi dei sintomi presenti al momento dell’accesso in ospedale;
- Verifica dei protocolli clinici e delle linee guida diagnostiche applicabili;
- Collaborazione con neurologi, chirurghi, radiologi e medici legali;
- Ricostruzione del nesso tra l’omissione e il danno subito dal paziente;
- Avvio dell’azione risarcitoria in sede civile o penale.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità operano con esperti in emergenze cliniche, radiodiagnostica e medicina legale forense, garantendo una difesa mirata, competente e fondata su evidenze scientifiche e giuridiche.
La TAC salva la vita quando viene eseguita nei tempi giusti. Quando questo non accade per errore, disorganizzazione o negligenza, il paziente ha diritto a verità, tutela e risarcimento.
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