La somministrazione di un farmaco errato è uno degli errori più gravi e purtroppo ancora frequenti in ambito sanitario. Può verificarsi in ospedale, durante un ricovero, in pronto soccorso, in sala operatoria o anche in ambito ambulatoriale. Un farmaco sbagliato può causare reazioni avverse, shock anafilattici, aggravamento della patologia di base, danni neurologici, arresti cardio-respiratori e persino la morte.

Quando l’errore è frutto di imperizia, negligenza o disattenzione del personale sanitario o della struttura, si configura una responsabilità medica e giuridica. In questi casi, il paziente ha diritto a ottenere un risarcimento integrale per i danni subiti.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
In quali casi si verifica la somministrazione del farmaco sbagliato?
Le situazioni più comuni includono:
- Errore nella prescrizione: il medico indica il farmaco errato o la dose sbagliata;
- Errore di trascrizione nella cartella clinica o nella terapia farmacologica;
- Scambio di pazienti: viene somministrato a una persona il farmaco destinato a un’altra;
- Errore del personale infermieristico: somministrazione non conforme alla prescrizione;
- Confusione tra farmaci con nomi simili (look-alike/sound-alike drugs);
- Allergie note ignorate, con somministrazione di farmaci controindicati;
- Uso improprio di vie di somministrazione pericolose (es. endovena invece che intramuscolare);
- Dosi eccessive o reiterate non previste.
Quali sono le cause più comuni della somministrazione del farmaco sbagliato quando imputabile a colpa medica?
La somministrazione del farmaco sbagliato rappresenta uno degli errori più gravi e purtroppo frequenti in ambito sanitario. Può avvenire in qualsiasi contesto clinico: ospedale, ambulatorio, farmacia, assistenza domiciliare, sala operatoria, pronto soccorso. Si tratta di un errore che può avere conseguenze devastanti per il paziente, fino alla morte, ma che nella maggior parte dei casi è evitabile. Quando l’errore è imputabile a una mancanza di attenzione, a una violazione delle procedure, a un’errata trascrizione o a una comunicazione carente, si configura una responsabilità sanitaria diretta.
Una delle cause più comuni è l’identificazione errata del paziente. Soprattutto nei reparti ospedalieri ad alta intensità assistenziale, dove i pazienti possono avere nomi simili o essere trasferiti tra stanze e letti, una scorretta verifica dell’identità può portare alla somministrazione di un farmaco destinato a un altro soggetto. Se l’operatore non controlla attivamente nome, data di nascita e braccialetto identificativo prima di ogni somministrazione, viene meno una delle regole fondamentali della sicurezza clinica.
Anche l’errata trascrizione della terapia nel passaggio tra prescrizione medica e somministrazione infermieristica è un fattore di rischio noto. Il medico prescrive un farmaco nel diario clinico o sulla scheda cartacea, e l’infermiere lo trascrive nel foglio di terapia o lo inserisce nel sistema informatizzato. Se c’è un errore di decodifica, abbreviazioni ambigue, calligrafia illeggibile o confusione tra nomi simili, il farmaco somministrato può essere completamente diverso da quello previsto. Questo accade anche con farmaci che hanno nomi commerciali simili ma indicazioni e dosaggi differenti (es. Lasix e Losec, cloruro di potassio e cloruro di sodio, metotrexato e metronidazolo).
Il problema si aggrava ulteriormente quando i protocolli di doppia verifica non vengono rispettati. In molti contesti, è previsto che due operatori verifichino insieme nome del farmaco, dose, via di somministrazione e identità del paziente. Tuttavia, per fretta, abitudine o carenza di personale, questa doppia verifica diventa una formalità. La mancata lettura dell’etichetta direttamente dal flacone, l’uso di farmaci non etichettati correttamente o lasciati fuori dal blister sono comportamenti ad alto rischio.
La somministrazione del farmaco sbagliato può anche derivare da una prescrizione errata del medico stesso. In questo caso, l’errore nasce già a monte. Il medico può digitare il farmaco sbagliato sul software di prescrizione, selezionando un principio attivo simile per nome o posizione nell’elenco. Oppure può indicare il nome corretto ma con dosaggio, frequenza o formulazione inadatta al paziente (es. via endovenosa invece che orale, dose pediatrica a un adulto o viceversa). Se non interviene un controllo attivo da parte della farmacia o dell’infermiere, il farmaco sbagliato viene somministrato regolarmente, come da ordini medici.
L’assenza di un sistema informatizzato di allerta clinica e di compatibilità tra farmaci è un ulteriore fattore predisponente. In ambienti privi di software integrati, il personale può non accorgersi che il farmaco prescritto è controindicato per il paziente (ad esempio, per allergie note, patologie concomitanti, interazioni farmacologiche). Se il paziente è allergico alla penicillina e riceve amoxicillina senza che nessuno abbia consultato la storia clinica, si tratta di un errore evitabile.
Le condizioni ambientali contribuiscono in modo rilevante: rumore, stress, interruzioni continue, carichi di lavoro eccessivi, mancanza di illuminazione o dispositivi di sicurezza. Il personale sanitario può essere interrotto mentre sta preparando una terapia, essere chiamato altrove, tornare alla postazione e riprendere con un altro paziente o da un altro punto. L’errore umano è favorito da un sistema organizzativo che non protegge la concentrazione.
L’uso scorretto dei sistemi automatizzati di distribuzione farmaci (come gli armadi robotizzati o i carrelli informatizzati) è un’altra fonte documentata di errori. Se il software non viene aggiornato, o se il codice a barre del paziente viene letto su un’altra scheda, il cassetto sbagliato può aprirsi e fornire il farmaco di un altro paziente. Il controllo dell’etichetta a questo punto diventa l’unico filtro residuo, e se non viene fatto, il farmaco viene somministrato per errore.
Anche la fretta nell’ambito delle urgenze può portare alla somministrazione errata. In pronto soccorso, terapia intensiva o durante interventi chirurgici, i farmaci vengono spesso somministrati in emergenza, sotto dettatura verbale, senza tempo per la trascrizione o la verifica. In questi casi, l’assenza di conferme ripetute e di comunicazione chiara tra medici e infermieri può portare a errori immediati, con somministrazione di farmaci non richiesti, dosi sbagliate o perfino farmaci destinati a procedure diverse.
L’errore può coinvolgere anche farmaci ad alta vigilanza (high-alert), come insulina, eparina, potassio cloruro concentrato, sedativi e chemioterapici. Questi richiedono protocolli specifici, doppia verifica, diluizioni accurate e monitoraggio continuo. Somministrare il farmaco giusto ma con la concentrazione sbagliata equivale, nei fatti, a somministrare un farmaco diverso.
Non bisogna infine dimenticare il ruolo della comunicazione carente con il paziente. Se il paziente è cosciente, può riferire di essere allergico, di non aver mai assunto un certo farmaco, o di riconoscere che non è il suo solito trattamento. Ma se il medico o l’infermiere non ascolta o minimizza l’obiezione, commette un errore tanto clinico quanto relazionale.
Le conseguenze possono essere drammatiche: shock anafilattico, arresto cardiaco, danni neurologici, peggioramento improvviso del quadro clinico, fallimento terapeutico, interazioni pericolose, intossicazioni acute o effetti collaterali gravi. Ma anche nei casi in cui il farmaco sbagliato non produce danni permanenti, il paziente subisce un’esperienza di profonda sfiducia e vulnerabilità.
La documentazione è spesso il punto critico. Se la somministrazione non è registrata, o se le correzioni avvengono senza traccia, diventa difficile ricostruire cosa è accaduto. La trasparenza nel segnalare un errore è invece il primo passo per evitare che si ripeta. Negare o occultare un errore espone il paziente a ulteriori rischi e configura una colpa anche deontologica.
In conclusione, la somministrazione del farmaco sbagliato è un errore umano spesso prevedibile e prevenibile, che diventa colpa medica quando non vengono rispettate le più basilari regole di identificazione, verifica, attenzione e comunicazione. Non è l’eccezione, ma un rischio sistemico che richiede una cultura della sicurezza, non della colpevolizzazione, ma nemmeno della tolleranza.
Ogni pillola ha un nome. Ogni fiala ha un’etichetta. Ogni paziente ha una storia che va letta prima ancora che curata. E se il farmaco sbagliato entra in vena o arriva nello stomaco, non è il destino ad averlo deciso. È una scelta mancata. Una verifica saltata. Un gesto fatto di fretta, al posto di uno fatto con cura. E la cura, in medicina, comincia sempre da lì: da una verifica in più. Da un errore in meno.
Quando si configura la responsabilità medica per somministrazione del farmaco sbagliato
La responsabilità medica per somministrazione del farmaco sbagliato si configura ogni volta che a un paziente viene somministrato un principio attivo diverso da quello prescritto, una molecola controindicata per la sua condizione clinica, un dosaggio errato, oppure un farmaco a cui era noto essere allergico. La farmacoterapia è uno degli strumenti più potenti della medicina, ma anche uno dei più vulnerabili all’errore umano. Quando il farmaco curativo si trasforma in causa di danno, la linea tra terapia e colpa diventa netta.
Gli errori di somministrazione possono avvenire in molte fasi: trascrizione sbagliata della prescrizione, scambio tra pazienti, interpretazione errata dell’abbreviazione del farmaco, confezioni simili lasciate vicine, distrazione nella preparazione o superficialità nella doppia verifica. Se un infermiere somministra un farmaco non previsto, o se lo fa per via sbagliata, oppure se il dosaggio è dieci volte superiore a quello prescritto, il gesto non può essere giustificato da un ritmo di lavoro frenetico: il danno è il prodotto diretto della mancanza di controllo.
Anche la comunicazione tra medico e personale sanitario può rappresentare un anello debole. Una prescrizione verbale non confermata per iscritto, una grafia illeggibile, un foglio lasciato incompleto o mal compilato sono cause frequenti di confusione. Se il farmaco giunge al paziente per un errore nella trasmissione dell’ordine, e non vengono applicate le misure di sicurezza previste (verifica incrociata, etichettatura chiara, controllo identità paziente), il sistema stesso ha fallito nella sua funzione di tutela.
La responsabilità aumenta in presenza di farmaci ad alto rischio, come insulina, eparina, chemioterapici, sedativi potenti, oppiacei, anticoagulanti. Per queste categorie esistono protocolli precisi, procedure standardizzate e la regola delle “5G”: giusto paziente, giusto farmaco, giusta dose, giusta via, giusto orario. Se anche uno solo di questi elementi viene ignorato, e il paziente subisce una reazione avversa, non si tratta più di una svista, ma di una colpa professionale.
Particolarmente gravi sono i casi di allergie note e documentate. Se il paziente ha una scheda clinica che indica un’allergia, ad esempio alla penicillina, e riceve ugualmente un antibiotico di quella classe, il danno non è solo evitabile, ma già previsto. Se l’équipe non consulta la cartella, o se ignora un braccialetto identificativo con la dicitura “allergico”, l’errore è talmente grave da configurare una responsabilità quasi automatica.
In ambito pediatrico o geriatrico, dove i dosaggi devono essere calibrati con estrema precisione, la somministrazione errata di un farmaco può causare shock, insufficienze organiche, aritmie, convulsioni o danni neurologici permanenti. Se un bambino riceve una dose da adulto, o un anziano fragile riceve un farmaco che altera l’equilibrio pressorio o mentale, la sproporzione tra terapia e paziente rende l’errore ancora più evidente.
Anche la confusione tra nomi simili è un rischio noto. Farmaci con nomi commerciali simili ma effetti completamente diversi, come LASIX e LANOXIN, possono essere confusi rapidamente in reparti caotici o in condizioni di urgenza. Le linee guida ospedaliere impongono accorgimenti visivi, etichette ad alta leggibilità, sistemi elettronici di tracciamento. Se queste misure non vengono adottate o rispettate, l’errore di somministrazione non è un caso: è il prodotto di un sistema disattento.
Il danno da farmaco sbagliato può essere immediato e violento, come uno shock anafilattico, oppure subdolo e progressivo, come un’insufficienza renale, un’emorragia interna, un’encefalopatia tossica o un’infezione sistemica non trattata per mancata somministrazione dell’antibiotico corretto. Qualunque sia l’effetto, la radice è sempre un gesto che non doveva accadere.
Dal punto di vista giuridico, la responsabilità si configura quando si dimostra che il farmaco somministrato era diverso da quello indicato, o che non erano state adottate le misure minime di controllo previste. Le consulenze medico-legali analizzano la prescrizione, la cartella clinica, le dichiarazioni del personale, i protocolli interni della struttura. Non è necessario dimostrare dolo: basta la violazione delle buone pratiche cliniche per affermare la colpa.
Il consenso informato non copre errori di questo tipo. Il paziente può accettare una terapia, ma non può accettare il rischio che gli venga dato un farmaco che non gli è stato prescritto, o in quantità pericolose, o in condizioni cliniche controindicate. Non esiste alcuna giustificazione legale o deontologica che possa trasformare un errore grossolano in un evento avverso tollerabile.
Le conseguenze, nei casi gravi, possono includere invalidità, compromissione d’organo, necessità di ricoveri in terapia intensiva, danni neurologici, perdita di chance terapeutiche o morte. E tutto ciò può avvenire in contesti apparentemente sicuri: ospedali, cliniche private, RSA, ambulatori. Il luogo non è garanzia, se la procedura viene tradita.
L’ammissione dell’errore è un passaggio fondamentale, anche sul piano etico. I pazienti e i familiari non accettano mai facilmente che un farmaco sia stato sbagliato. Ma quando scoprono che l’errore era noto, previsto e prevenibile, il danno non è più solo clinico: è umano. Perché nessuno accetta di essere curato, e trovarsi invece vittima di ciò che doveva salvarlo.
La somministrazione del farmaco giusto, alla persona giusta, nella dose giusta, è il fondamento della sicurezza in sanità. E quando questo semplice equilibrio viene spezzato da una distrazione, da un errore di comunicazione o da una sottovalutazione, la responsabilità non è accidentale. È tecnica, organizzativa, sistemica. E per questo, non può che essere risarcita.
Quali sono le normative di riferimento?
- Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017), che regola la responsabilità sanitaria;
- Art. 2043 Codice Civile, per danno ingiusto da fatto illecito;
- Art. 1218 e 1228 Codice Civile, per responsabilità contrattuale del medico e della struttura;
- Art. 2236 Codice Civile, in caso di attività tecniche complesse;
- Art. 589 e 590 Codice Penale, per omicidio colposo o lesioni colpose in ambito medico.
Quali sono gli esempi di risarcimento riconosciuto?
- Paziente deceduto dopo somministrazione di farmaco allergenico nonostante l’allergia fosse segnalata in cartella: risarcimento agli eredi di 1.800.000 euro;
- Farmaco antiepilettico somministrato al posto di un ansiolitico, con coma e danni cerebrali: risarcimento di 1.400.000 euro;
- Scambio di antibiotici in reparto chirurgico, con grave reazione avversa: risarcimento di 1.150.000 euro;
- Somministrazione eccessiva di farmaco anestetico in sala operatoria, con arresto cardiaco: risarcimento di 1.600.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere un risarcimento?
Se hai subito danni da somministrazione errata di un farmaco, o se un tuo familiare è deceduto a causa dell’errore, è fondamentale:
- Rivolgerti a un avvocato esperto in responsabilità sanitaria;
- Richiedere una perizia medico-legale, con l’analisi dei protocolli terapeutici, della cartella clinica e dei farmaci somministrati;
- Dimostrare il nesso causale tra l’errore farmacologico e il danno subito;
- Avviare una causa civile o penale per ottenere il risarcimento per danno biologico, morale, patrimoniale ed esistenziale.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità operano con medici legali, farmacologi forensi e consulenti ospedalieri, per offrirti una tutela completa e concreta.
Conclusione
Un farmaco può salvare una vita o distruggerla, dipende da come viene somministrato. Quando si commette un errore evitabile, il paziente non deve subire in silenzio.
Se pensi di aver ricevuto il farmaco sbagliato o somministrato in modo errato, agisci subito. Verità, giustizia e risarcimento sono un tuo diritto.
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