Il melanoma è una delle forme più aggressive di tumore cutaneo. Può svilupparsi da un neo preesistente o insorgere ex novo, e in stadio iniziale è curabile chirurgicamente con alte percentuali di sopravvivenza. Tuttavia, se non viene diagnosticato in tempo, può diffondersi rapidamente ai linfonodi, al fegato, ai polmoni, al cervello, compromettendo seriamente la prognosi.

Quando un medico non riconosce il melanoma, lo sottovaluta come lesione benigna, oppure ritarda l’invio allo specialista o la biopsia, il paziente può trovarsi di fronte a un peggioramento evitabile. In questi casi, si può configurare una responsabilità sanitaria risarcibile, anche in caso di decesso.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quali sono le cause più comuni della mancata diagnosi di melanoma da parte di un medico?
Il melanoma cutaneo è una neoplasia maligna a elevata aggressività biologica, derivata dai melanociti, con una mortalità che cresce in modo esponenziale in assenza di diagnosi precoce. Rappresenta una piccola percentuale dei tumori cutanei, ma è responsabile della maggior parte dei decessi correlati a tumori della pelle. Il suo decorso clinico è strettamente legato alla tempestività con cui viene riconosciuto e trattato. Quando il medico non lo identifica in tempo, si rischia un’evoluzione metastatica anche nei pazienti inizialmente curabili. La mancata diagnosi, quando dipende da errori valutativi, omissioni o sottovalutazioni, può configurare una responsabilità professionale precisa e grave.
Una delle cause principali è la sottovalutazione clinica del nevo atipico o della lesione pigmentata sospetta. Il melanoma può iniziare come una piccola area pigmentata, irregolare nei margini, nei colori e nella consistenza, spesso simile a un comune nevo. Se il medico, durante una visita dermatologica, non esegue un’osservazione sistematica del corpo intero o non approfondisce l’anamnesi personale e familiare del paziente, può facilmente archiviare la lesione come benigna senza ulteriori accertamenti.
L’assenza o l’uso improprio della dermatoscopia è una causa documentata di errore diagnostico. La dermatoscopia, o epiluminescenza, è uno strumento fondamentale per valutare i criteri morfologici specifici del melanoma (reti atipiche, globuli irregolari, velature blu-grigie, regressione, strutture vascolari anomale). Se il medico non la utilizza, o se interpreta i segni in modo scorretto per mancanza di esperienza, il sospetto non viene sollevato e il melanoma continua a crescere indisturbato.
Anche l’approccio troppo conservativo nel follow-up dei nevi sospetti rappresenta una fonte di errore. In pazienti con numerosi nevi o sindrome del nevo displastico, il controllo fotografico digitale periodico è essenziale per confrontare nel tempo la morfologia delle lesioni. Tuttavia, se le immagini non vengono archiviate correttamente, se i confronti non sono effettuati con strumenti dedicati o se il medico non programma i controlli nei tempi giusti, la trasformazione maligna può non essere rilevata in tempo.
L’errata rassicurazione del paziente in presenza di un cambiamento soggettivo riferito è una colpa frequente. Spesso il paziente si accorge di modifiche di forma, colore, sintomo (prurito, sanguinamento) e le riferisce. Se il medico liquida queste osservazioni con superficialità, basandosi su una valutazione visiva approssimativa, ignora un principio fondamentale dell’oncologia dermatologica: ogni cambiamento va documentato e approfondito.
La mancata asportazione di una lesione sospetta, o l’asportazione parziale (shave, punch, curettage) senza analisi istologica completa, è una delle più gravi omissioni. Il melanoma, se non rimosso completamente con margine adeguato e inviato per istopatologia, può essere lasciato in sede o sottovalutato, anche dopo un’apparente escissione. Il referto istologico deve sempre includere lo spessore di Breslow, l’indice mitotico e l’eventuale ulcerazione: dati fondamentali per la stadiazione. Se l’intervento non è stato eseguito o richiesto correttamente, il medico ha privato il paziente della diagnosi e delle cure tempestive.
In alcuni casi, l’errore si verifica a livello istologico: campioni mal prelevati, non rappresentativi o male interpretati possono portare a un falso negativo. Tuttavia, anche in questo contesto, se il medico curante non valuta la coerenza tra clinica e istologia, e non richiede una seconda lettura in caso di dubbio, resta responsabile del ritardo diagnostico.
I melanomi amelanotici o acrali rappresentano una sfida diagnostica maggiore e sono frequentemente scambiati per altre patologie. Il melanoma amelanotico può apparire come una lesione rosa o rossa, non pigmentata, spesso simile a un eczema, a una cheratosi o a un basalioma. I melanomi acrali, che colpiscono palmo, pianta del piede e letto ungueale, possono essere confusi con verruche, micosi o traumi ungueali. Se il medico non ha un’adeguata formazione o non sospetta questa variante, il ritardo diagnostico può essere anche di molti mesi.
La dermatologia non specialistica rappresenta un altro punto critico. Medici generici, internisti o anche ginecologi, in visita per altri motivi, possono osservare lesioni cutanee ma non segnalare la necessità di un consulto dermatologico urgente. In questi casi, il paziente esce dallo studio senza un invio formale o un appuntamento dedicato, e la diagnosi viene rinviata indefinitamente.
Nei pazienti giovani, l’errata convinzione che il melanoma sia “una malattia da anziani” può condurre a diagnosi tardive. In realtà, l’incidenza nei giovani adulti è in aumento, e il melanoma può insorgere anche in età pediatrica. Se i sintomi o le lesioni vengono trascurati perché il paziente ha “solo 25 anni”, il pregiudizio anagrafico diventa un fattore di rischio.
La scarsa conoscenza delle linee guida diagnostiche e dei criteri ABCDE (Asimmetria, Bordi, Colore, Diametro, Evoluzione) può contribuire all’errore. Ogni dermatologo, ma anche ogni medico di medicina generale, dovrebbe applicare questi criteri sistematicamente in presenza di una lesione pigmentata. L’assenza di un metodo di valutazione strutturato espone a un margine d’errore evitabile.
Anche il fattore organizzativo ha un ruolo: lunghi tempi di attesa per una visita dermatologica nel sistema sanitario pubblico possono ritardare l’accesso al sospetto clinico. Se il medico di base non segnala l’urgenza, non redige una richiesta con priorità alta, o se rinvia la visita a data da destinarsi, la diagnosi viene spostata troppo avanti, perdendo mesi preziosi.
La colpa medica nei casi di melanoma non diagnosticato non si limita all’omissione della diagnosi, ma riguarda anche il ritardo nel trattamento dopo diagnosi già nota. Se il medico riceve un referto positivo e non indirizza il paziente verso la chirurgia oncologica nel tempo raccomandato, o se non attiva i controlli emato-oncologici e la stadiazione (eco linfonodale, TC, PET), lascia che il tumore progredisca quando poteva essere fermato.
I casi clinici documentati in letteratura mostrano che il ritardo medio nella diagnosi di melanoma da parte del medico può variare da 6 a 12 mesi, tempo sufficiente per passare da uno stadio I a uno stadio III o IV. La prognosi peggiora drasticamente con l’aumento dello spessore e della diffusione: un melanoma diagnosticato con Breslow inferiore a 1 mm ha una sopravvivenza a 5 anni superiore al 90%, mentre oltre i 4 mm scende sotto il 50%. Ogni mese perso può equivalere a una possibilità in meno di guarigione.
In conclusione, la mancata diagnosi di melanoma è un errore grave, che si consuma nel silenzio del tempo. Il medico che non vede, che non controlla, che non ascolta o che banalizza, espone il paziente a un rischio concreto di morte evitabile. Non è la rarità del melanoma a rendere la diagnosi difficile, ma la superficialità con cui lo si cerca.
Ogni macchia che cambia è una storia che chiede di essere letta. Ogni nevo sospetto è una finestra aperta sul futuro del paziente. Ogni occasione persa per togliere un melanoma è una sentenza che si poteva scrivere diversamente. E il medico, davanti alla pelle, non osserva solo una superficie: osserva la possibilità di salvare una vita, o di lasciarla correre verso il buio.
Quando si configura la responsabilità medica per melanoma non identificato
La responsabilità medica per melanoma non identificato si configura quando un nevo sospetto o una lesione cutanea atipica non viene riconosciuta come potenzialmente neoplastica, non viene sottoposta ad accertamenti specialistici, non viene asportata per tempo oppure viene erroneamente giudicata benigna, permettendo alla malattia di progredire fino a uno stadio avanzato o metastatico. Il melanoma è uno dei tumori cutanei più aggressivi e a rapida evoluzione, ma anche uno dei più curabili se diagnosticato in fase precoce. Quando la diagnosi viene mancata, il problema non è nella malattia, ma nel tempo perduto.
Il primo errore frequente è la sottovalutazione clinica. Un paziente si presenta con un nevo che ha cambiato forma, colore o dimensione, oppure con una lesione nuova, pruriginosa, sanguinante o irregolare. Se il medico di base o il dermatologo non esegue la valutazione con dermatoscopio, oppure non applica i criteri ABCDE (asimmetria, bordi, colore, diametro, evoluzione), l’omissione di un’indagine standard rappresenta una prima forma di negligenza clinica.
In molti casi, il melanoma viene scambiato per cheratosi, dermatite, nevo displastico o lesione traumatica. Se il medico liquida la lesione come benigna senza inviare il paziente a visita dermatologica o senza raccomandare il follow-up a breve termine, il rischio di progressione viene ignorato. Quando, mesi dopo, la lesione viene finalmente asportata e il referto istologico rivela un melanoma avanzato, con indici Breslow e Clark elevati o già con segni di metastasi linfonodali, la diagnosi tardiva si traduce in una responsabilità precisa.
Anche la mancata asportazione chirurgica immediata di una lesione sospetta può configurare una condotta colposa. Se il medico propone una biopsia superficiale su una lesione pigmentata nodulare senza considerare il rischio di disseminazione tumorale o se non effettua una resezione con margini di sicurezza secondo le linee guida, la gestione non conforme espone il paziente a un pericolo ingiustificato.
Il ritardo nella refertazione è un altro elemento critico. Se il campione istologico viene inviato ma il risultato impiega settimane o mesi ad arrivare, oppure se il referto viene trasmesso ma non letto tempestivamente dal medico curante, la finestra terapeutica utile può chiudersi. Se nel frattempo il tumore ha già dato metastasi a distanza, la responsabilità si configura anche come organizzativa.
Il melanoma, in molti casi, si presenta in sedi atipiche: cuoio capelluto, spazi interdigitali, mucose, palpebre, pianta del piede, unghie. Il medico deve conoscere le forme cliniche meno comuni, come il melanoma amelanotico (senza pigmento), che può essere facilmente scambiato per una semplice lesione infiammatoria. Se il professionista ignora queste varianti e si limita a una valutazione visiva superficiale, l’errore non è nella rarità del tumore, ma nell’incompletezza dell’approccio.
Anche il follow-up nei pazienti a rischio elevato deve essere rigoroso. I soggetti con familiarità, fototipo chiaro, numerosi nevi atipici o pregressi tumori cutanei devono essere monitorati periodicamente con mappatura digitale e confronto tra immagini. Se il medico non propone controlli regolari o non confronta le immagini nel tempo, può sfuggire l’evoluzione di una lesione apparentemente stabile. L’inerzia nel controllo è un errore tanto quanto una diagnosi sbagliata.
Quando un paziente scopre di avere un melanoma in stadio avanzato e la documentazione clinica mostra che la lesione era presente da tempo, che era già stata mostrata ai medici, che erano stati segnalati cambiamenti e che nessuno aveva consigliato ulteriori accertamenti, il nesso causale tra la condotta sanitaria e il danno oncologico è evidente. Le statistiche indicano che un melanoma diagnosticato con spessore inferiore a 1 mm ha una sopravvivenza a 5 anni superiore al 90%, mentre oltre i 4 mm scende sotto il 50%. Ogni mese di ritardo può costare una percentuale significativa di vita.
Dal punto di vista medico-legale, la responsabilità si valuta sulla base della prevedibilità e della prevenibilità dell’evoluzione tumorale. Le perizie tecniche considerano la congruità della visita iniziale, l’applicazione dei protocolli di classificazione, l’adeguatezza degli esami effettuati, i tempi di diagnosi, la gestione chirurgica e il follow-up. Se si dimostra che un medico medio, a parità di condizioni, avrebbe potuto individuare il melanoma prima o evitarne la progressione, la responsabilità professionale si configura per negligenza, imprudenza o imperizia.
Il consenso informato assume rilievo anche in questo ambito. Il paziente deve essere messo in condizione di comprendere il significato di una lesione sospetta, i rischi connessi all’attesa, le alternative diagnostiche e terapeutiche. Se non riceve spiegazioni sufficienti, se non viene informato del fatto che un controllo differito comporta un rischio reale, la libertà di scelta viene compromessa, e l’omissione informativa diventa un elemento di responsabilità.
Le conseguenze per il paziente possono essere devastanti: interventi chirurgici demolitivi, linfadenectomie, immunoterapia sistemica, metastasi cerebrali, epatiche o polmonari, prognosi infausta, invalidità permanente e danni psicologici. Quando la diagnosi precoce avrebbe potuto salvare la vita, e ciò non è avvenuto per superficialità o disattenzione, la medicina ha mancato il suo compito fondamentale.
Il melanoma è un nemico rapido, silenzioso e spietato. Ma è anche tra i pochi tumori che, se presi per tempo, possono essere eliminati con un semplice bisturi. Quando un paziente si accorge troppo tardi di avere una sentenza addosso, e scopre che quella lesione era stata vista, fotografata, valutata e poi ignorata, non si parla più di sfortuna clinica. Si parla di responsabilità. E quel tempo perduto, in certi casi, non si recupera mai più.
Quando si configura la responsabilità medica?
Il medico (di base, dermatologo, chirurgo, patologo) può essere responsabile se:
- Non riconosce i criteri ABCDE del melanoma (Asimmetria, Bordi irregolari, Colore variegato, Diametro >6 mm, Evoluzione);
- Non dispone l’esame istologico dopo l’asportazione;
- Non informa il paziente sull’importanza della biopsia;
- Rassicura il paziente senza ulteriori accertamenti, nonostante i segni sospetti;
- Non aggiorna il piano di controlli periodici;
- Perde tempo prezioso tra la visita e l’invio allo specialista oncologico.
In presenza di un danno biologico permanente o di morte evitabile, il paziente (o i familiari) hanno diritto a un risarcimento completo.
Quali sono le normative di riferimento?
- Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017), sulla sicurezza delle cure e responsabilità professionale;
- Art. 2043 Codice Civile, per danno ingiusto da fatto illecito;
- Art. 1218 e 1228 Codice Civile, per responsabilità contrattuale della struttura e del professionista;
- Art. 2236 Codice Civile, per colpa professionale in ambito specialistico;
- Art. 589 e 590 Codice Penale, per omicidio colposo o lesioni personali colpose da errore medico.
Quali sono gli esempi di risarcimento riconosciuto?
- Paziente con neo pigmentato cambiato nel tempo, visitato da due medici senza biopsia, deceduto per metastasi cerebrali: risarcimento agli eredi di 1.500.000 euro;
- Ritardo di 14 mesi nella diagnosi, con asportazione tardiva e malattia in stadio IV: risarcimento di 1.200.000 euro;
- Melanoma scambiato per cheratosi, lesione non inviata a esame istologico: risarcimento di 980.000 euro;
- Mancata segnalazione dei sintomi sospetti da parte del medico di base, paziente sopravvissuto con disabilità permanente: risarcimento di 1.350.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere un risarcimento?
Se hai scoperto di avere un melanoma tardi per colpa di un errore medico, o se un tuo familiare è deceduto per diagnosi tardiva, è fondamentale:
- Rivolgerti a un avvocato esperto in malasanità oncologica;
- Richiedere una perizia medico-legale, con il supporto di dermatologi, oncologi e patologi forensi;
- Raccogliere tutta la documentazione: referti, fotografie dei nei, cartelle cliniche, esami istologici, consulenze specialistiche;
- Dimostrare il nesso causale tra la diagnosi tardiva e l’aggravamento della malattia;
- Avviare un’azione legale per ottenere il risarcimento per danno biologico, morale, esistenziale e patrimoniale.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità lavorano con un team di medici legali, dermatologi e oncologi forensi, per garantire una difesa tecnica, rigorosa e mirata alla tutela del paziente e dei familiari.
Conclusione
Il melanoma non perdona i ritardi. Ma quando la colpa è di un errore medico, la legge non lascia il paziente solo. Ogni giorno perso può costare una vita. Se il tuo diritto alla cura è stato violato, reagire è un tuo dovere verso te stesso e chi ami.
Hai il diritto di sapere. Hai il diritto di essere risarcito. Hai il diritto alla verità.
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