Rottura Di Milza Non Diagnosticata E Risarcimento Danni

La rottura della milza è una condizione medica potenzialmente letale che richiede un intervento tempestivo. Può essere causata da traumi addominali (incidenti stradali, cadute, colpi) o, in rari casi, da patologie come mononucleosi, leucemia, malaria o infezioni sistemiche. La rottura della milza può provocare un emoperitoneo massivo, cioè un’emorragia interna che compromette rapidamente le funzioni vitali.

In pronto soccorso, i segni di rottura splenica devono essere riconosciuti immediatamente: dolore al fianco sinistro, addome teso, segni di shock ipovolemico (pressione bassa, tachicardia, sudorazione, confusione). Quando la diagnosi viene ritardata o del tutto omessa, il paziente può morire per emorragia interna evitabile. In questi casi, la legge consente ai familiari di agire per ottenere un risarcimento.

Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.

Quali sono gli errori più comuni nella mancata diagnosi di rottura della milza?

La rottura della milza è una condizione potenzialmente letale, caratterizzata da emorragia intra-addominale, spesso silente, che può rapidamente evolvere in shock ipovolemico. La diagnosi tempestiva è cruciale per la sopravvivenza, ma la presentazione clinica può essere subdola, e in molti casi l’emorragia splenica non viene riconosciuta in tempo utile. Anche in ambito ospedaliero, la rottura splenica può sfuggire all’attenzione del medico, con conseguenze drammatiche. Le cause di questo errore diagnostico sono molteplici e vanno ricercate nella variabilità della presentazione clinica, nella sottovalutazione del trauma, nella scarsa specificità dei sintomi e nell’uso inadeguato o tardivo delle indagini diagnostiche.

Una delle prime cause è la presentazione clinica sfumata o ritardata, soprattutto nei casi di rottura subcapsulare o post-traumatica tardiva. Dopo un trauma addominale, anche di modesta entità, come una caduta, un incidente stradale con cintura di sicurezza o un colpo durante un’attività sportiva, il paziente può apparire inizialmente stabile. Il dolore addominale è lieve o localizzato, la pressione arteriosa normale, i parametri vitali nella norma. Questa apparente stabilità può ingannare il medico, che ritiene il paziente fuori pericolo e non esegue ulteriori approfondimenti.

Un’altra causa frequente è la sottovalutazione dell’anamnesi traumatica. In particolare negli anziani, nei bambini, nei pazienti in terapia anticoagulante o nei soggetti che non riferiscono traumi evidenti, un trauma contusivo addominale può essere del tutto ignorato o non indagato adeguatamente. Se il medico non indaga in modo approfondito la dinamica dell’evento o non considera la possibilità di un danno splenico anche in assenza di ferite visibili, la rottura della milza resta fuori dal sospetto clinico.

Il dolore riferito alla spalla sinistra (segno di Kehr) è un sintomo classico della rottura splenica, ma spesso viene confuso con dolore muscoloscheletrico, nevralgia o lesione del plesso brachiale. Questo accade soprattutto quando non vi è un collegamento immediato tra il dolore riferito e la possibilità di una lesione intra-addominale. Se non si effettua una correlazione tra il dolore e un possibile versamento ematico irritativo nel cavo peritoneale, il sintomo viene gestito con analgesici e non approfondito con esami diagnostici.

La confusione diagnostica con altre patologie addominali è frequente. In molti casi, il paziente presenta dolore epigastrico o diffuso, nausea, vomito o ipotensione, che possono essere interpretati come segni di pancreatite, gastrite, colecistite o colica renale. Anche l’ipovolemia può essere scambiata per disidratazione o shock settico, in assenza di una chiara fonte emorragica. Senza una valutazione sistematica e orientata alla ricerca di segni di emoperitoneo, la diagnosi di rottura della milza può non essere nemmeno considerata.

L’esame obiettivo può non essere dirimente, soprattutto nei pazienti obesi, ansiosi o con difesa addominale modesta. La percussione e la palpazione possono essere falsamente rassicuranti, e in assenza di segni di irritazione peritoneale o masse palpabili, il medico può decidere di non procedere con esami di imaging. Tuttavia, anche un’emorragia significativa può essere presente in assenza di segni obiettivi evidenti, specialmente nelle prime ore dopo il trauma.

La radiografia del torace e dell’addome, spesso eseguite come primo accertamento, non consentono di diagnosticare direttamente la rottura splenica. I referti che non evidenziano fratture costali, aria libera o livelli idroaerei vengono interpretati come “negativi”, e questo contribuisce a escludere erroneamente l’ipotesi di lesione addominale. Anche l’ecografia addominale eseguita rapidamente può non rilevare emoperitoneo nei casi di versamento contenuto o se l’operatore non è esperto. Una FAST negativa non può escludere del tutto una rottura splenica.

La TC con mezzo di contrasto è l’esame più sensibile e specifico per identificare la lesione splenica, ma non sempre viene prescritta in tempi utili. Se il paziente appare stabile e i sintomi non sono gravi, si può optare per un’osservazione clinica, senza imaging avanzato. In alcuni casi, il timore di nefrotossicità da mezzo di contrasto o le condizioni di base del paziente inducono a rinunciare alla TC. Così facendo, si perde l’unica opportunità per riconoscere in tempo una lesione potenzialmente fatale.

La familiarità con la milza come “organo a rischio” nei traumi è spesso limitata, soprattutto nei contesti non specialistici o nei piccoli ospedali. La concentrazione su lesioni più evidenti (come fratture ossee, traumi cranici o ferite aperte) può distogliere l’attenzione dal controllo addominale approfondito. Inoltre, nei pazienti politraumatizzati, la rottura della milza può essere inizialmente mascherata da altri quadri clinici più urgenti o rumorosi.

Un’altra causa è la mancata rivalutazione clinica dopo le prime ore di osservazione. La rottura splenica può essere progressiva: un ematoma subcapsulare inizialmente contenuto può rompersi secondariamente, causando un’emorragia improvvisa. Se il paziente viene dimesso senza una diagnosi, o se non viene rivalutato in modo sistematico, la seconda fase può verificarsi a casa, con collasso emodinamico improvviso e, spesso, morte evitabile.

L’uso di farmaci anticoagulanti o antiaggreganti può aumentare la gravità del sanguinamento in caso di rottura splenica anche minima, ma il legame tra terapia e rischio non è sempre considerato. Un paziente che assume warfarin, DOAC o aspirina dovrebbe essere monitorato con particolare attenzione dopo un trauma, anche se lieve. Ma se l’anamnesi farmacologica non viene approfondita o se il rischio non viene ricalcolato in base al trauma subito, la sorveglianza non sarà adeguata.

Infine, l’assenza di un sistema di triage orientato al rischio splenico nei traumi addominali contribuisce alla sottovalutazione della condizione. In molte realtà, non esiste un algoritmo strutturato per il follow-up dei pazienti a rischio di rottura della milza in caso di dimissione precoce. Senza indicazioni precise, controlli programmati o segnalazione del sospetto clinico, la continuità assistenziale si interrompe, e la diagnosi viene posta solo all’arrivo del paziente in shock al pronto soccorso.

In conclusione, la mancata diagnosi di una rottura della milza è una delle insidie più pericolose della medicina d’urgenza. È una lesione che non sempre grida, ma che può colpire all’improvviso, spesso troppo tardi. Il medico che la riconosce è quello che non si ferma alla prima risposta, che cerca sempre una spiegazione organica, che guarda la milza anche quando nessuno lo invita a farlo.

Ogni dolore addominale post-traumatico va ascoltato. Ogni segnale di instabilità, anche minimo, va verificato. Ogni paziente con trauma toraco-addominale deve essere valutato come se la milza potesse essere già in crisi. Perché tra la sua rottura silente e la morte, spesso c’è solo il tempo di un’intuizione. E un medico pronto a seguirla fino in fondo.

Quanto è grave una rottura di milza non diagnosticata?

La milza è un organo estremamente vascolarizzato: quando si rompe, può determinare la perdita di litri di sangue in pochi minuti. Se non si interviene:

  • Il paziente può entrare rapidamente in shock ipovolemico irreversibile;
  • Può verificarsi un collasso circolatorio e respiratorio, anche in soggetti giovani e sani;
  • Il ritardo nel trattamento può causare danno multiorgano e decesso;
  • Nei casi meno gravi, può comportare trasfusioni, chirurgia invasiva e lunghi ricoveri, con conseguenze permanenti.

Una diagnosi tempestiva consente invece il salvataggio dell’organo o, nei casi più gravi, una splenectomia programmata e sicura.

Quando si configura la responsabilità medica?

La responsabilità medica per rottura di milza non diagnosticata si configura quando, nonostante la presenza di elementi clinici suggestivi, il medico non sospetta la lesione, non richiede gli accertamenti strumentali adeguati o sottovaluta il quadro clinico, ritardando interventi decisivi e determinando un aggravamento potenzialmente irreversibile. La milza è tra gli organi più vulnerabili ai traumi addominali e, in caso di rottura, può provocare una grave emorragia interna anche in assenza di sintomi eclatanti. Il ritardo diagnostico può tradursi in collasso emodinamico, shock ipovolemico e morte evitabile.

I segnali clinici iniziali possono essere vaghi: dolore all’ipocondrio sinistro, talvolta irradiato alla spalla sinistra (segno di Kehr), nausea, sensazione di malessere diffuso, tachicardia lieve. Nei pazienti coscienti, l’anamnesi da trauma recente può aiutare, ma non sempre il paziente riferisce immediatamente un colpo o una caduta rilevante. Nei traumi minori o nei casi di rottura spontanea (in corso di infezioni, splenomegalia o malattie ematologiche), la diagnosi può sfuggire se il medico non adotta un approccio rigoroso e metodico.

Una delle principali criticità si manifesta nei pronto soccorso, dove i pazienti con dolore addominale vengono spesso valutati rapidamente, talvolta senza esami di imaging, e dimessi con diagnosi generiche di “colica” o “dolore muscoloscheletrico”. Se il paziente peggiora a casa o torna con parametri vitali compromessi, la diagnosi iniziale si rivela non solo errata, ma anche gravemente sottovalutante. Una milza lacerata può rimanere inizialmente contenuta da un ematoma subcapsulare, ma la successiva rottura massiva può avvenire ore dopo, improvvisamente e con esiti fatali.

L’esame obiettivo non è sempre risolutivo, ma un’addome dolente in paziente con trauma, anche se lieve, deve essere indagato con urgenza mediante ecografia FAST o TC addome con contrasto. L’ecografia può evidenziare liquido libero, utile indizio di emorragia interna. La TAC, invece, rappresenta il gold standard, in grado di identificare ematomi, lesioni parenchimali e attive stravasi ematici. Non prescrivere questi esami nei casi sospetti equivale a trascurare un potenziale sanguinamento interno, compromettendo ogni possibilità di intervento tempestivo.

La responsabilità si configura anche nei casi in cui l’imaging è stato eseguito ma non correttamente interpretato. Se il referto riporta elementi suggestivi e il medico ignora tali indicazioni o non consulta il radiologo, la diagnosi viene ulteriormente ritardata. Le ore che seguono una rottura splenica sono determinanti: l’intervento chirurgico o il trattamento endovascolare possono salvare la vita del paziente solo se attuati tempestivamente. Ogni ora persa rappresenta una chance terapeutica sprecata.

Un altro scenario ricorrente è il ricovero in reparti non chirurgici di pazienti con traumi minori, magari trattati con analgesici e osservazione. Se durante il ricovero si manifestano pallore, sudorazione fredda, ipotensione o tachicardia, e non si sospetta una causa emorragica, il paziente può entrare in shock senza che nessuno ne riconosca la causa. In questi casi, la mancanza di monitoraggio continuo, di rivalutazione attiva o di coinvolgimento precoce del chirurgo assume un valore centrale nella determinazione della responsabilità. La milza non avvisa: chi deve riconoscere i segnali è il medico.

Nei pazienti pediatrici o anziani, il rischio di errore è ancora maggiore. I bambini possono non comunicare il dolore in modo chiaro, mentre negli anziani i segni clinici possono essere sfumati e mascherati da comorbidità. Tuttavia, l’osservazione clinica e il buon senso impongono che ogni trauma, anche modesto, venga indagato con strumenti adeguati. Non è il dolore a guidare la diagnosi, ma il ragionamento clinico basato sul contesto.

In ambito medico-legale, la responsabilità è fondata sul principio della prevedibilità e prevenibilità dell’evento. Se il paziente ha riferito un trauma, ha mostrato segni compatibili con un’emorragia interna e non sono stati eseguiti gli accertamenti doverosi, la condotta omissiva del sanitario diventa causa di un danno evitabile. Non si chiede al medico di essere infallibile, ma di seguire un protocollo ragionevole e diligente davanti a situazioni a rischio.

Le consulenze tecniche si concentrano sulla documentazione clinica, sugli accessi precedenti, sui segni vitali registrati, sui referti di laboratorio e di imaging e sulle decisioni prese. Se emerge che un medico medio, a parità di condizioni, avrebbe sospettato la rottura e disposto gli esami adeguati, la colpa è giuridicamente configurabile. Anche l’assenza di documentazione sulle decisioni cliniche può aggravare la posizione del sanitario: ciò che non è scritto, in medicina, equivale a non fatto.

In alcuni casi, la responsabilità si estende all’organizzazione ospedaliera: reparti non dotati di ecografi portatili, medici non formati nella lettura dei FAST, radiologia non disponibile h24 o ritardi nei trasferimenti in centri chirurgici. In questi scenari, la colpa non è solo individuale, ma anche sistemica.

La milza non è un organo sacrificabile per disattenzione. È fragile, certo, ma la sua rottura è diagnosticabile con esami semplici e disponibili, e la sua lesione è trattabile se affrontata in tempo. Quando un paziente muore o subisce danni gravi per una diagnosi mancata di rottura splenica, il problema non è la complessità clinica, ma l’assenza di vigilanza. E quando la vigilanza manca, la medicina tradisce la sua prima promessa: proteggere la vita, non lasciarla scivolare via nel silenzio.

Quali sono le normative di riferimento?

  • Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017), sulla responsabilità sanitaria;
  • Art. 2043 Codice Civile, per danno ingiusto causato da fatto illecito;
  • Art. 1218 Codice Civile, per responsabilità contrattuale del medico e della struttura;
  • Art. 2236 Codice Civile, per colpa professionale in ambito specialistico;
  • Art. 589 e 590 Codice Penale, per omicidio colposo o lesioni personali colpose.

Quali sono gli esempi di risarcimento riconosciuto?

  • Paziente giovane dimesso dopo un incidente stradale, deceduto a casa per emorragia splenica non riconosciuta: risarcimento agli eredi di 1.450.000 euro;
  • Rottura traumatica della milza non diagnosticata al PS, necessaria splenectomia d’urgenza con danni permanenti: risarcimento di 1.100.000 euro;
  • Bambino caduto da bicicletta, dimesso con diagnosi di “colica”, deceduto per shock emorragico: risarcimento di 1.350.000 euro;
  • Rottura splenica post-operatoria ignorata in paziente anziano, deceduto per arresto circolatorio: risarcimento complessivo di 1.200.000 euro.

A chi rivolgersi per ottenere un risarcimento?

Se tu o un tuo familiare siete stati vittime di una rottura di milza non diagnosticata in tempo, è fondamentale:

  • Contattare un avvocato esperto in malasanità chirurgica e d’urgenza, con esperienza in traumi e mancato intervento;
  • Richiedere una perizia medico-legale con l’analisi della documentazione clinica, dei referti e delle omissioni;
  • Dimostrare il nesso causale tra la condotta medica inadeguata e l’evento dannoso (invalidità o morte);
  • Avviare una causa civile (o penale) per ottenere il risarcimento del danno biologico, morale, patrimoniale e da perdita di chance.

Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità lavorano con medici legali, chirurghi e rianimatori forensi, per offrire una tutela completa e tecnica in casi di errori diagnostici gravi.

Conclusione

La rottura della milza è una diagnosi tempo-dipendente. Ogni ora conta. Quando l’omissione o il ritardo nella diagnosi derivano da errori medici, il danno può essere devastante e ingiusto.

Se sospetti che un trauma sia stato sottovalutato o che un tuo caro sia deceduto per rottura splenica non trattata, agisci subito. Il tuo diritto alla verità e al risarcimento è tutelato dalla legge.

Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici:

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