Il nervo ottico è la struttura che collega l’occhio al cervello, trasmettendo gli impulsi visivi dalla retina alla corteccia visiva. Qualsiasi danno al nervo ottico, se non riconosciuto e trattato tempestivamente, può comportare una perdita della vista parziale o totale, spesso irreversibile.

Le lesioni del nervo ottico possono essere traumatiche, ischemiche, infiammatorie, compressive o iatrogene. In ambito medico-legale, quando una lesione del nervo ottico è causata o aggravata da un errore diagnostico, terapeutico o chirurgico, si può configurare una responsabilità professionale sanitaria. In questi casi, il paziente ha diritto a un risarcimento per malasanità.
Ma andiamo ora ad approfondire con gli avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità.
Quando si configura la responsabilità medica per lesione del nervo ottico?
La responsabilità medica per una lesione del nervo ottico si configura ogniqualvolta il danno anatomico o funzionale a carico del nervo viene provocato o aggravato da un errore sanitario evitabile, legato a una diagnosi tardiva, a una terapia omessa o errata, a una procedura invasiva mal eseguita o a una complicanza gestita in modo inadeguato. Il nervo ottico è una struttura estremamente delicata, incapace di rigenerarsi: qualsiasi lesione può tradursi in una perdita visiva permanente, che incide sulla qualità della vita, sull’autonomia e sulla sfera lavorativa. Quando un nervo viene compromesso da negligenza medica, il danno è irreversibile, ma la responsabilità resta documentabile.
Tra le principali cause di lesione iatrogena del nervo ottico vi sono le complicanze neurochirurgiche, oftalmologiche, otorinolaringoiatriche o anestesiologiche. Interventi in sede orbitaria, nasosinusale o intracranica, eseguiti troppo vicino al canale ottico o senza ausili di navigazione chirurgica, possono determinare una compressione, una trazione o una sezione parziale del nervo. Se l’équipe operatoria non effettua studi radiologici adeguati, come TC o RMN preoperatorie, o se procede senza valutare i margini di sicurezza, l’errore tecnico si trasforma in colpa, perché il danno era prevedibile e prevenibile.
Anche l’iniezione intraorbitale mal posizionata, come nel caso di anestesie retrobulbari o perioculari, può danneggiare il nervo ottico. Se il paziente sviluppa subito dopo l’iniezione un calo visivo improvviso, dolore retrobulbare o deficit pupillari, e il medico non riconosce immediatamente il danno o non attiva un trattamento con corticosteroidi ad alto dosaggio o decompressione urgente, l’inerzia terapeutica assume rilievo diretto nel peggioramento clinico.
In ambito oftalmologico, la responsabilità emerge anche nella gestione errata del glaucoma, delle neuropatie ottiche ischemiche o infiammatorie, o nella mancata diagnosi di compressioni da tumori ipofisari, meningiomi del nervo ottico o neurinomi. Se il paziente riferisce calo del visus, alterazione della percezione dei colori o riduzione del campo visivo, e non viene avviato a una valutazione specialistica né a un’analisi del fondo oculare, del campo visivo e del nervo ottico mediante OCT, l’omissione diagnostica può determinare un danno permanente che era evitabile con un semplice approfondimento.
Anche le patologie sistemiche possono causare neuropatie ottiche. In particolare, il medico internista, il neurologo e il medico di base hanno il dovere di sospettare una sofferenza ottica nei pazienti con arterite temporale (già nota o sospetta), diabete mal controllato, deficit vitaminici o esposizione a farmaci neurotossici. Se la comparsa di visione offuscata, dolore nei movimenti oculari o annebbiamento visivo viene attribuita a generiche cause oculari o psicogene, senza indagini neuroradiologiche o invio urgente, il ritardo nella diagnosi assume una valenza giuridicamente rilevante.
La responsabilità può configurarsi anche in ambito anestesiologico, ad esempio durante interventi neurochirurgici o spinali in posizione prona prolungata, in cui la pressione mantenuta sulla regione orbitaria determina una neuropatia ottica ischemica post-operatoria. Se non viene utilizzato il supporto adeguato per evitare compressioni, o se non vengono monitorati i parametri emodinamici con attenzione, il danno diventa il risultato di una gestione posturale e circolatoria negligente.
Una forma particolarmente insidiosa è la neuropatia ottica traumatica non diagnosticata. Dopo un trauma cranico o orbitario, il paziente può mantenere un visus inizialmente conservato, ma sviluppare un deficit graduale nei giorni successivi. Se nessuno valuta la motilità oculare, i riflessi pupillari, il fondo oculare e la pervietà del canale ottico, e il danno si manifesta solo a distanza, la diagnosi tardiva impedisce l’intervento neuroprotettivo che avrebbe potuto limitare il danno.
Nei casi in cui la lesione si manifesta dopo un intervento chirurgico, il paziente deve essere informato tempestivamente del rischio emerso e sottoposto a tutti gli accertamenti utili per la diagnosi e la riabilitazione. Se il danno viene minimizzato, nascosto o non documentato in cartella, si configura una violazione del diritto all’informazione e del consenso informato postumo. In sede giudiziaria, la mancata trasparenza viene valutata come un’aggravante.
Le consulenze medico-legali si concentrano sull’identificazione del momento esatto in cui si è verificata la lesione, sulla congruità degli esami eseguiti, sulla tempestività della diagnosi, sull’idoneità del trattamento e sulla qualità della documentazione. Se si accerta che il nervo ottico è stato danneggiato in conseguenza di un atto medico non conforme agli standard della disciplina, la responsabilità professionale è pienamente configurabile per imperizia tecnica, negligenza clinica o imprudenza operativa.
Il danno biologico da lesione del nervo ottico viene valutato in termini di cecità monoculare, binoculare o parziale, tenendo conto della funzione visiva residua, della qualità della vita, della possibilità di svolgere attività lavorative e dell’impatto psicologico. Il risarcimento può includere anche il danno esistenziale, se la perdita della vista condiziona profondamente l’identità del soggetto, specie se giovane o in attività professionale. Quando l’occhio si spegne per mano di un errore medico, la responsabilità non riguarda solo la vista, ma la vita nella sua interezza.
Una lesione del nervo ottico può essere il risultato di un secondo di disattenzione, di una manovra maldestra, di un esame non richiesto, di un sintomo ignorato. Ma le sue conseguenze sono per sempre. E quando si poteva intervenire per evitarla, non si tratta di sfortuna clinica, ma di responsabilità professionale. Perché non c’è nulla di più grave, in medicina, che compromettere un senso essenziale senza fare tutto il possibile per salvarlo.
Quali sono i sintomi di una lesione del nervo ottico?
- Riduzione dell’acuità visiva improvvisa o progressiva;
- Perdita del campo visivo (centrale, periferico o a macchia cieca);
- Alterazione della percezione dei colori (discromatopsia);
- Visione sfocata o offuscata;
- Dolore oculare nei movimenti, in caso di infiammazione;
- Cecità monoculare in casi gravi e non trattati.
Il danno può essere parziale o totale, ma una diagnosi tempestiva può limitare le conseguenze, a volte anche invertire la progressione, specialmente nei casi infiammatori o vascolari.
Quali sono le cause più comuni della lesione del nervo ottico da colpa medica?
La lesione del nervo ottico è una delle condizioni più gravi e invalidanti che possano colpire l’apparato visivo. Quando è causata da un errore medico, rappresenta una delle forme più complesse e dolorose di danno permanente, con conseguenze profonde non solo per la funzione visiva, ma anche per l’autonomia personale, l’integrità psichica e la qualità della vita. Il nervo ottico è una struttura estremamente delicata: una volta danneggiato, non rigenera, e le fibre nervose perse non vengono mai recuperate. Le lesioni iatrogene del nervo ottico possono derivare da manovre diagnostiche o terapeutiche errate, da omissioni nella gestione di patologie sistemiche o oculari, o da ritardi in fase diagnostica. Le cause più comuni di questa condizione, quando riconducibile a responsabilità professionale, sono molteplici e spesso legate a sottovalutazione clinica, errori tecnici o difetti organizzativi.
Una delle cause principali è la mancata diagnosi tempestiva di una neuropatia ottica ischemica anteriore o posteriore, che può insorgere in pazienti con patologie vascolari, ipotensione sistemica grave, anemia acuta o emorragie importanti. In particolare nei soggetti cardiopatici, diabetici o ipertesi, un’improvvisa riduzione del flusso ematico al nervo ottico può determinare un danno irreversibile già nelle prime ore. Se il paziente lamenta un calo visivo improvviso e non doloroso, e questo non viene preso sul serio o viene attribuito a fattori ansiosi, il tempo utile per intervenire si riduce a poche ore. In questi casi, la semplice esecuzione di un fundus oculi, l’invio urgente all’oculista o una risonanza magnetica possono fare la differenza tra conservare e perdere la vista.
Anche i traumi cranio-facciali gestiti senza l’adeguata sorveglianza oftalmologica rappresentano una causa rilevante di lesione del nervo ottico. In particolare, fratture del pavimento orbitario, traumi da schiacciamento o contusioni occipitali possono trasmettere onde d’urto o compressioni dirette al canale ottico. Se il paziente riferisce visione offuscata, alterazione del campo visivo o deficit pupillare afferente, è fondamentale eseguire rapidamente una TC orbitale o cranica. L’assenza di questo passaggio, o la sua esecuzione ritardata, può impedire l’identificazione di ematomi compressivi o lesioni fratturative, con conseguente degenerazione del nervo per compressione o ischemia.
La lesione diretta da manovra chirurgica è un’altra delle cause più gravi, e purtroppo documentate, di danno al nervo ottico. Interventi eseguiti in sede orbitaria o sellare, come ad esempio la chirurgia endoscopica dei seni paranasali, l’asportazione di adenomi ipofisari o interventi retrobulbari, comportano un rischio concreto di danno diretto al nervo. Una penetrazione troppo profonda, un uso impreciso degli strumenti o una guida anatomica inadeguata possono determinare una sezione o una compressione irreversibile. In questi casi, l’errore tecnico intraoperatorio può essere legato a scarsa esperienza, assenza di guida neuronavigata o sottovalutazione delle varianti anatomiche.
L’uso scorretto di anestesia retrobulbare o peribulbare è un’altra possibile causa iatrogena di lesione del nervo ottico. Questo tipo di anestesia viene utilizzata in chirurgia oculare, ma se eseguita con un ago troppo lungo, mal orientato o con eccessiva pressione, può penetrare la guaina del nervo o generare un ematoma intraorbitario compressivo. La mancanza di segni clinici immediati non esclude il danno: a volte la compromissione della vista si manifesta ore dopo l’intervento, quando il danno assonale è già avvenuto.
Un altro scenario frequente riguarda l’omessa diagnosi di neurite ottica, in particolare nei giovani pazienti. La neurite ottica può essere il primo segno di una malattia demielinizzante come la sclerosi multipla, ma può anche essere isolata. Se il paziente si presenta con dolore oculare associato a riduzione visiva monoculare, è fondamentale sospettare una neurite e avviare immediatamente un trattamento corticosteroideo ad alte dosi. Il ritardo nel trattamento, o l’attribuzione dei sintomi a “problemi psicosomatici”, può peggiorare significativamente la prognosi visiva.
La compressione progressiva del nervo ottico da parte di tumori ipofisari, meningiomi, aneurismi del circolo di Willis o lesioni occupanti spazio è un’altra delle situazioni in cui la colpa medica può emergere chiaramente. In questi casi, il paziente lamenta inizialmente disturbi del campo visivo (come emianopsia bitemporale), cefalea, affaticamento visivo. Se i sintomi non vengono indagati con una risonanza magnetica o se i referti radiologici non vengono correttamente interpretati, la compressione cronica porta a un danno atrofico del nervo ottico non più recuperabile neanche dopo l’intervento. Il tempo, in queste patologie, è un fattore determinante per la reversibilità del danno.
La somministrazione errata di farmaci potenzialmente neurotossici rappresenta un’altra causa rilevante. Alcuni antibiotici come la linezolid, o farmaci antitubercolari come l’etambutolo, sono noti per la loro tossicità ottica dose-dipendente. Anche l’intossicazione da metanolo o sostanze industriali può portare a una degenerazione bilaterale dei nervi ottici. Se il medico non riconosce tempestivamente i sintomi visivi iniziali, o non sospende il farmaco in tempo, il danno diventa irreversibile, e spesso bilaterale.
In ambito pediatrico, la lesione del nervo ottico può essere causata da idrocefalo non trattato, ipertensione endocranica non riconosciuta, tumori cerebrali non diagnosticati. Il segno iniziale può essere una papilla edematosa o un calo visivo, ma se il medico attribuisce questi sintomi a disturbi della refrazione o ansia scolastica, il danno può progredire indisturbato. Nel bambino, il ritardo nella diagnosi ha un peso ancora maggiore, perché si perdono anche le potenzialità dello sviluppo visivo.
Anche la mancata valutazione di papilledema in corso di ipertensione endocranica rappresenta una causa critica di lesione ottica evitabile. Pazienti con cefalea, nausea, diplopia, e papilla sollevata all’esame del fundus, devono essere sottoposti immediatamente a imaging cerebrale. Se il medico interpreta la papilla edematosa come un’anomalia anatomica (drusen) o come pseudopapilledema senza ulteriori accertamenti, il nervo può atrofizzarsi per compressione cronica da liquido cefalorachidiano, portando alla cecità anche in giovani adulti perfettamente sani.
Infine, la frammentazione assistenziale e la mancanza di comunicazione tra specialisti può contribuire alla lesione ottica non riconosciuta. Il paziente può passare da un medico all’altro, con sintomi visivi progressivi, ma senza che nessuno prenda in carico l’intero quadro clinico. Se i referti vengono letti in modo isolato, se i follow-up sono troppo distanti, se l’informazione clinica non viene condivisa tra oculista, neurologo, radiologo e medico di base, il nervo ottico può continuare a deteriorarsi fino alla completa atrofia.
In conclusione, la lesione del nervo ottico da colpa medica è un evento grave, evitabile nella maggior parte dei casi, ma spesso sottovalutato. Si tratta di una forma di cecità che non si manifesta all’improvviso, ma avanza lentamente, in un silenzio che solo un occhio clinico attento può cogliere in tempo.
Ogni calo visivo improvviso è una richiesta d’aiuto del nervo. Ogni papilla anomala è un segnale da non ignorare. Ogni paziente che dice “vedo meno” merita attenzione prima che sia troppo tardi. Perché quando il nervo si spegne, non lo fa con rumore. Lo fa con assenza. E l’assenza di visione, per colpa umana, è l’errore più buio che si possa commettere.
Quali sono le normative di riferimento?
- Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017), sulla sicurezza delle cure e responsabilità sanitaria;
- Art. 2043 Codice Civile, per danno ingiusto da fatto illecito;
- Art. 1218 e 1228 Codice Civile, per responsabilità contrattuale del medico e della struttura;
- Art. 2236 Codice Civile, per responsabilità professionale in ambiti complessi;
- Art. 590 Codice Penale, per lesioni personali colpose da errore medico.
Quali sono gli esempi di risarcimento riconosciuto?
- Lesione del nervo ottico durante intervento chirurgico per rimozione di meningioma orbitario: risarcimento di 1.400.000 euro;
- Cecità monolaterale dopo anestesia retrobulbare mal eseguita prima di un intervento di cataratta: risarcimento di 1.200.000 euro;
- Paziente con neurite ottica non trattata per ritardo diagnostico, con danno visivo permanente: risarcimento di 980.000 euro;
- Rottura del nervo ottico durante intervento di chirurgia maxillo-facciale: risarcimento di 1.350.000 euro.
A chi rivolgersi per ottenere un risarcimento?
In caso di lesione del nervo ottico causata da un errore medico, è fondamentale:
- Contattare un avvocato esperto in responsabilità medica oculistica e neurologica;
- Richiedere una perizia medico-legale con supporto di oculisti, neuroradiologi e neurologi forensi;
- Analizzare la documentazione: esami pre e post, cartelle cliniche, consenso informato, referti operatori;
- Dimostrare il nesso causale tra condotta sanitaria e danno visivo;
- Agire per ottenere il risarcimento economico per i danni subiti, anche in caso di cecità monolaterale.
Gli Avvocati di Risarcimenti Danni Malasanità collaborano con specialisti in oftalmologia legale e medicina forense, per offrire una difesa completa, rigorosa e mirata al riconoscimento dei diritti del paziente.
Conclusione
Una lesione del nervo ottico può cambiare per sempre la vita di una persona. Quando è provocata da un errore evitabile, la legge tutela chi ha subito il danno, garantendo la possibilità di ottenere giustizia e risarcimento.
Se hai perso la vista o hai avuto un grave peggioramento visivo a causa di una lesione non riconosciuta o mal gestita, non restare nel dubbio: chiedere verità e giustizia è un tuo diritto.
Qui di seguito tutti i riferimenti del nostro Studio Legale specializzato in risarcimento danni da errori medici: